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In utrumque paratus. Aretino e Arezzo, Aretino a Arezzo: in margine al ritratto di Sebastiano del Piombo

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Se il 1992, quinto centenario della nascita di Pietro Aretino, coincise con l’avvio dell’Edizione Nazionale delle sue Opere e con la pubblicazione dei primi due tomi, il 450° della morte – che è caduto il 21 ottobre 2006 – è stato invece inteso come momento utile per condurre una riflessione su quanto nel frattempo fatto e su quanto, avviato, è ancora in itinere. Insieme, la ricorrenza è stata occasione opportuna per una disamina sistematica su due fronti di indagine, quello finora pochissimo frequentato relativo ai rapporti con la città natale (e i temi connessi sono stati la famiglia, i concittadini, le istituzioni locali, la presenza iconografica, ma anche le tracce documentate nella pagina epistolare della memoria linguistica cittadina) e quello, ormai in sé un piccolo classico della critica sull’autore, relativo alla sua ritrattistica e alle riflessioni ricorrenti nella sua opera in materia di arte e di artisti. Aretino stesso fece dono alla città del suo primo importante ritratto, quello dipinto a Roma, a metà degli anni Venti, da Sebastiano del Piombo. Un ritratto subito inviato a Arezzo e lì, esposto nel Palazzo Comunale, rimasto fino ad ora, superando inaspettatamente oltre che le stagioni della sfortuna politica del personaggio (che toccò il suo culmine proprio nei mesi successivi all’invio), i molti secoli della dannazione e della rimozione conseguenti ai ripetuti pronunciamenti degli Indices librorum prohibitorum.