Dante Alighieri

Codice Filippino della 'Commedia' di Dante Alighieri

Edizione facsimilare del ms CF 2 16, già 4 20, della Biblioteca Oratoriana dei Girolamini di Napoli, contenente il testo della Divina Commedia, con ampio corredo di illustrazioni.
Il manoscritto CF 2 16, noto come “Codice Filippino” dal nome della Biblioteca che lo possiede (la Biblioteca Oratoria dei Girolamini è anche detta dei Filippini, da S. Filippo Neri, fondatore dell’ordine) è il più importante codice della tradizione manoscritta meridionale della Commedia. Illustrato e descritto per la prima volta nel 1865, dall’allora direttore dell’Oratoriana, Errico Mandarini, fu suggerita una datazione intorno al 1350, con attribuzione a un napoletano, forse della famiglia Poderco o Polderico, il cui stemma compare nella parte inferiore del fregio che incornicia la prima pagina del codice.
Sulla base dell’analisi paleografica, è possibile ipotizzare che il codice fu confezionato come oggetto di lusso, probabilmente a Napoli, da un copista toscano intorno alla metà del Trecento.
Il pregio del manoscritto, oltre che nella sua antichità, nell’eleganza della confezione, è nel fitto corredo di chiose – dovute a più mani e poste in modo disordinato nei margini e nell’interlinea – e nelle 146 miniature, artisticamente pregevoli, che accompagnano il testo e ne offrono una sorta di interpretazione figurativa che è tanto più interessante in quanto è tra le più antiche.
L’edizione è intergrata da 2 volumi, curati da Andrea Mazzucchi, che offrono una trascrizione integrale del testo dantesco e di tutte le chiose interpretative che lo accompagnano (Le Chiose filippine), con ampia introduzione, note e indici, cui seguono due saggi di Alessandra Perriccioli Saggese e Giancarlo Savino che illustrano puntualmente ogni aspetto (codicologico, paleografico, storico-artistico) del manoscritto.