La letteratura italiana è indubitabilmente segnata dalla incisiva presenza di tradizioni dialettali regionali, che hanno assunto una varietà e un rilievo qualitativo probabilmente senza pari in altre realtà nazionali europee. A partire dal Cinquecento, cioè da quando si comincia ad acquisire piena consapevolezza dell’“alterità” del dialetto rispetto alla lingua, fiorisce rigogliosa in molte regioni d’Italia una letteratura dialettale, in cui si esprimono talvolta personalità artistiche di grande prestigio: e basterà ricordare i nomi del pavano Angelo Beolco detto il Ruzzante; dei napoletani Giulio Cesare Cortese, Giovan Battista Basile, Salvatore Di Giacomo; dei milanesi Carlo Maria Maggi e Francesco de Lemene, Carlo Porta e oltre; dei veneziani Goldoni e Gozzi, dei siciliani Meli e Pirandello, dei romaneschi Belli e Pascarella e Trilussa, e così via.
Il recupero del quadro culturale in cui questi letterati operano sembra dunque un’esigenza prioritaria di una moderna e non banale storiografia letteraria, che voglia guardare contestualmente alla storia e alla geografia, così come suggeritoci dalla magistrale lezione di Carlo Dionisotti. A questo scopo è stato elaborato il progetto di una serie di antologie di testi riservate a «Le grandi letterature dialettali d’Italia», che, partendo naturalmente dai primi e più
antichi documenti non ancora classificabili come dialettali in senso proprio, estende la documentazione fino alla contemporaneità, aprendosi non solo ai testi di cosiddetta dialettalità «riflessa», ma anche a quelli in cui il ricorso al dialetto è «spontaneo».
Ogni antologia offre un’ampia selezione di testi preceduti da un’Introduzione storica e da una bibliografia generale. Ogni autore o capitolo si apre con un breve ma denso “medaglione”
introduttivo, seguito dalla bibliografia specifica. I testi sono sempre accompagnati da traduzione letterale e da un commento essenziale a piè di pagina, nonché giustificati ognuno da una specifica Nota al testo.