Sebastiano Timpanaro

Per la storia della filologia virgiliana antica

25,00

Il testo di Virgilio fu oggetto di studio da parte di molti grammatici latini per tutto l’evo antico. Spesso questi grammatici hanno sostenuto la genuinità di lezioni diverse da quelle tramandate nei codici virgiliani a noi giunti. In questi ultimi tempi, si è valutata troppo frettolosamente questa filologia dell’età romana imperiale: soprattutto ai grammatici del sec. I (Igino, Probo) si sono attribuiti con molta facilità non solo errori compiuti in buona fede, ma mutamenti arbitrari e “invenzioni” di manoscritti inesistenti.
Nel lavoro di Sebastiano Timpanaro si cerca di dimostrare che condanne così drastiche non sono né provate né probabili. Quei filologi romani erano seguaci, sia pur minori, della critica testuale alessandrina; avevano a disposizione molti più manoscritti virgiliani (e molto più antichi) di quanti siano pervenuti a noi; talvolta errarono nella scelta, talvolta (non spesso) proposero congetture erronee, ma ci hanno anche conservato lezioni migliori di quelle della tradizione diretta. In tanto fervore di studi virgiliani, questo «Quaderno di “Filologia e Critica”» potrà forse arrecare un contributo non inutile al testo di Virgilio e allo studio della critica testuale.

A distanza di quindici anni dalla pubblicazione della prima edizione di questo libro, il dibattito critico svoltosi su di esso e gli ulteriori contributi apportati dallo stesso autore – recentemente scomparso – confermano la vitalità delle tesi da lui sostenute a proposito dell’attività filologica degli antichi esegeti virgiliani. La seconda edizione è arricchita da una Postfazione di Piergiorgio Parroni, in cui si dà conto degli esiti ulteriori della riflessione di Timpanaro sulla filologia antica.